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v.1134 libro decimosesto 119

Di sentimento; gli tremaro i polsi,
Ristette immoto, sbalordito, e in quella1135
Tra l’una spalla e l’altra lo percosse
Coll’asta da vicin di Panto il figlio
L’audace Euforbo, un Dardano che al corso
E in trattar lancia e maneggiar destrieri
La pari gioventù vincea d’assai.1140
La prima volta che sublime ei parve
Su la biga a imparar dell’armi il duro
Mestier, venti guerrieri al paragone
Riversò da’ lor cocchi; ed or fu il primo
Che ti ferì, Patróclo, e non t’uccise.1145
Anzi dal corpo ricovrando il ferro
Si fuggì pauroso, e nella turba
Si confuse il fellon, che di Patróclo
Benchè piagato e già dell’armi ignudo
Non sostenne la vista. Da quel colpo1150
E più dall’urto dell’avverso Dio
Abbattuto l’eroe si ritirava
Fra’ suoi compagni ad ischivar la morte.
Ed Ettore, veduto il suo nemico
Retrocedente e già di piaga offeso,1155
Tra le file vicino gli si strinse,
Nell’imo casso immerse l’asta e tutta
Dall’altra parte rïuscir la fece.
Risonò nel cadere, ed un gran lutto
Per l’esercito achivo si diffuse.1160
   Come quando un lïone alla montagna
Cinghial di forze smisurate assalta,
E l’uno e l’altro di gran cor fan lite
D’una povera fonte, al cui zampillo
Veníano entrambi ad ammorzar la sete;1165
Alfin la belva dai robusti artigli
Stende anelo il nemico in su l’arena: