Ne tremolò la coda, e quivi tutta
Perdè l’impeto e l’ira che la spinse.
Come fitto nel suolo, e indarno uscito865
Enea si vide dalla mano il telo;
Per certo, o Merïon, disse rabbioso,
Un assai destro saltator tu sei:
Ma questa lancia mia, se t’aggiungea,
T’avría ferme le gambe eternamente.870
E Merïone di rimando: Enea,
Forte sei, ma ti fia duro la possa
Prostrar d’ognuno che al tuo scontro vegna,
Chè mortal se’ tu pure: e s’io con questa
In pieno ti corrò, con tutto il nerbo875
Delle tue mani e la tua gran baldanza
La palma a me darai, lo spirto a Pluto.
Disse: e Patróclo con rampogna acerba
Garrendolo: Perchè cianci sì vano
Tu che sei valoroso, o Merïone?880
Per contumelie, amico, unqua non fia
Che l’inimico quell’esangue ceda,
Ma col far che più d’un morda il terreno.
Orsù, lingua in consiglio, e braccio in guerra,
Tregua alle ciance, e mano al ferro. - E dette885
Queste cose, s’avanza, e l’altro il segue.
Quale è il romor che fanno i legnaiuoli
In montana foresta, e lunge il suono
Va gli orecchi a ferir, tale il rimbombo
Per la vasta pianura si solleva890
Di celate, di scudi e di loriche,
Altre di duro cuoio, altre di ferro,
Ripercosse dall’aste e dalle spade:
Ned occhio il più scernente affigurato
Avría l’illustre Sarpedon: tant’era895
Negli strali, nel sangue e nella polve