Pagina:Iliade (Monti).djvu/419

86 iliade v.15

O a me medesmo d’una ria novella15
Sei forse annunziator? Forse di Ftia
La ti giunse segreta? E pur la fama
Vivo ne dice ancor Menézio, e vivo
Tra i Mirmidón l’Eàcide Peléo,
D’ambo i quali d’assai grave a noi fôra20
Certo la morte. O per gli Achei tu forse
Le tue lagrime versi, e li compiagni
Là tra le fiamme delle navi ancisi,
E dell’onta puniti che mi fêro?
Parla, m’apri il tuo duol, meco il dividi.25
   E tu dal cor rompendo alto un sospiro
Così, Patróclo, rispondesti: O Achille,
O degli Achei fortissimo Pelíde,
Non ti sdegnar del mio pianto. Lo chiede
Degli Achei l’empio fato. Oimè, che quanti30
Eran dianzi i miglior, tutti alle navi
Giaccion feriti, quale di saetta,
Qual di fendente. Di saetta il forte
Tidíde Dïomede, e di fendente
L’inclito Ulisse e Agamennón; trafitta35
Ei pur di freccia Eurípilo ha la coscia.
Intorno a lor di farmaci molt’opra
Fan le mediche mani, e le ferite
Ristorando ne vanno. E tu resisti
Inesorato ancora? O Achille! oh mai40
Non mi s’appigli al cor, pari alla tua,
L’ira, o funesto valoroso! E s’oggi
Sottrar nieghi gli Achivi a morte indegna,
Chi fia che poscia da te speri aita?
Crudel! nè padre a te Peléo, nè madre45
Tetide fu: te il negro mare o il fianco
Partorì delle rupi, e tu rinserri
Cuor di rupe nel sen. Se doloroso