Pagina:Iliade (Monti).djvu/415

82 iliade v.898

Per questa si facea di Teucri e Achei
Un orrido macello, e questi e quelli
D’un cor medesmo, non con archi e dardi900
Fan pugna da lontan, ma con acute
Mannaie a corpo a corpo, e con bipenni
E con brandi e con aste a doppio taglio,
E con tersi coltelli di forbito
Ebano indutti e di gran pomo; ed altri905
Ne cadean dalle spalle, altri dal pugno
De’ guerrieri, e scorrea sangue la terra.
Dell’afferrata poppa Ettor tenendo
Forte il timone colle man, gridava:
Foco, o Teucri, accorrete, e combattete;910
Ecco il dì che di tutti il conto adegua,
Il dì che Giove nelle man ci mette
Queste navi, a Ilïon contra il volere
Venute degli Dei, queste che tanti
Ne recâr danni per codardi avvisi915
De’ nostri padri che mi fean divieto
Di portar qui la guerra. Ma se Giove
Confuse allor le nostre menti, or egli,
Egli stesso n’incalza all’alta impresa.
   Disse, e i Teucri maggior contro gli Argivi920
Impeto fêro. Degli strali allora
Più non sostenne Aiace la ruina,
Ma giunta del morir l’ora credendo,
Lasciò la sponda del naviglio, e indietro
Retrocesse alcun poco ad uno scanno925
Sette piè di lunghezza. E qui piantato
Osservava il nemico, e sempre oprando
L’asta, i Troiani, che di faci ardenti
Già s’avanzano armati, allontanava,
E sempre alzava la terribil voce:930
Dánai di Marte alunni, amici eroi,