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v.524 libro decimoquinto 71

Dardani bellicosi, ah dalla pugna
Non ritraete in questo stremo il piede!525
Deh non patite che di Clízio il figlio,
Da valoroso nel pugnar caduto,
Sia dell’armi dispoglio. - E sì dicendo,
Aiace saettò colla fulgente
Lancia, ma in fallo; e Licofron percosse530
Di Mastore figliuol che reo di sangue
Dalla sacra Citera esule venne
Al Telamónio, e v’ebbe asilo, e poscia
Suo scudiero il seguì. Lo giunse il ferro
Nella testa, da presso al suo signore,535
Sul confin dell’orecchia: e dalla poppa
Resupino il travolse nella polve.
Raccapriccionne Aiace, e a Teucro disse:
Caro fratel, n’è spento il fido amico
Mastoride che noi ne’ nostri tetti540
Da Citera ramingo in pregio avemmo
Quanto i diletti genitor: l’uccise
Ettore. Dove or son le tue mortali
Frecce, e quell’arco tuo, dono d’Apollo?
   L’udì Teucro, e veloce a lui ne venne545
Coll’arco e la faretra, e via ne’ Troi
Dardeggiando ferì di Pisenorre
Clito illustre figliuol, caro al Pantíde
Polidamante a cui de’ corridori
Reggea le briglie. Or, mentre che bramoso550
Di mertarsi d’Ettorre e de’ Troiani
E la grazia e la lode, ove dell’armi
Lo scompiglio è maggior spinge i cavalli,
Malgrado il presto suo girarsi il giunse
L’inevitabil suo destin; chè il dardo555
Lagrimoso gli entrò dentro la nuca.
Cadde il trafitto; s’arretrâr turbati