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68 iliade v.422

Sanguinolente, e sul navile a gitto
Piombar: Qualunque scorgerò ristarsi
Dalle navi lontan, di propria mano
L’ucciderò, nè morto il metteranno425
Su la pira i fratei nè le sorelle,
Ma innanzi ad Ilio strazieranlo i cani.
   Sì dicendo, sonar fe’ su le groppe
De’ cavalli il flagello e li sospinse
Per le file, animando ogni guerriero.430
Dietro al lor duce minacciosi i Teucri
Con immenso clamor drizzaro i cocchi.
Iva Apollo davanti, e col leggiero
Urto del piede lo ciglion del cupo
Fosso abbattendo il riversò nel mezzo,435
E ad immago di ponte un’ampia strada
Spianovvi, e larga come d’asta il tiro,
Quando a far di sue forze esperimento
Un lanciator la scaglia. Essi a falangi
Su questa via versavansi, ed Apollo440
Sempre alla testa, sollevando in alto
L’egida orrenda, degli Achivi il muro
Atterrava con quella agevolezza
Che un fanciullo talor lungo la riva
Del mar per giuoco edifica l’arena,445
E per giuoco co’ piedi e colle mani
Poco poi la rovescia e la rimesce.
Tale fu, Febo arcier, l’opra in che tanto
Sudâr gli Achivi, dispergesti, e loro
Del gelo della fuga empiesti il petto.450
Così spinti fermârsi appo le navi,
E a vicenda incuorandosi, e le mani
Ai numi alzando, ognun porgea gran voti.
Ma più che tutti, degli Achei custode,
Il Gerénio Nestorre allo stellato455