E sul girone dello scudo al petto490
L’avversario ferì. Con quel fragore
Che dal foco di Giove fulminata
Giù ruina una quercia, e grave intorno
Del grave zolfo si diffonde il puzzo:
L’arator, che cadersi accanto vede495
La folgore tremenda, imbianca e trema:
Così stramazza Ettór; l’asta abbandona
La man, ma dietro gli va scudo ed elmo,
E rimbombano l’armi sul caduto.
V’accorsero con alti urli gli Achei,500
Strascinarlo sperandosi, e di strali
Lo tempestando; ma nessun ferirlo
Potéo, chè ratti gli fêr serra intorno
I più valenti, Enea, Polidamante,
Agénore, e de’ Licii il condottiero505
Sarpedonte con Glauco, e nulla in somma
De’ suoi l’abbandonò, ch’altri gli scudi
Gli anteposero, e lunge altri dall’armi
L’asportâr su le braccia a’ suoi veloci
Destrier che fuori della pugna a lui510
Tenea pronti col cocchio il fido auriga.
Volâr questi, e portâr l’eroe gemente
Verso l’alta città; ma giunti al guado
Del vorticoso Xanto, ameno fiume
Generato da Giove, ivi dal carro515
Posârlo a terra, gli spruzzâr di fresca
Onda la fronte, ed ei rinvenne, e aperte
Girò le luci intorno, e sui ginocchi
Suffulto vomitò sangue dal petto.
Ma di nuovo all’indietro in sul terreno520
Riversossi; e coll’alma ancor dal colpo
Doma oscurârsi all’infelice i lumi.
Gli Achei, veduto uscir dal campo Ettorre,