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v.456 libro decimoquarto 49

Ebber coverta, s’avvïâr. Nettunno
Li precorrea, nella robusta mano
Sguäinata portandosi una lunga
Orrenda spada che parea di Giove
La folgore, e mettea nel cor paura.460
Misero quegli che la scontra in guerra!
   Dall’altra parte il troian duce i suoi
Pone ei pure in procinto, e senza indugio
L’illustre Ettorre ed il ceruleo Dio,
L’uno i Greci incorando e l’altro i Teucri,465
Una fiera attaccâr pugna crudele.
Gonfiasi il mare, e i padiglioni innonda
E gli argivi navigli, e con immenso
Clamor si viene delle schiere al cozzo.
Non così la marina onda rimugge470
Dal tracio soffio flagellata al lido;
Non così freme il foco alla montagna
Quando va furibondo a divorarsi
L’arida selva; nè d’eccelsa quercia
Rugge sì fiero fra le chiome il vento,475
Come orrende de’ Teucri e degli Achei
Nell’assalirsi si sentían le grida.
   Contro Aiace, che voltagli la fronte,
Scaglia Ettorre la lancia, e lo colpisce
Ove del brando e dello scudo il doppio480
Balteo sul petto si distende; e questo
Dal colpo lo salvò. Visto uscir vano
Ettore il telo, di rabbia fremendo
In securo fra’ suoi si ritraea.
Mentr’ei recede, il gran Telamoníde485
Ad un sasso, de’ molti che ritegno
Delle navi giacean sparsi pel campo
De’ combattenti al piè, dato di piglio,
L’avventò, lo rotò come paléo,

Iliade, Vol. II 4