Pagina:Iliade (Monti).djvu/359

26 iliade v.832

Visto il suo colpo, s’arretrò salvando
Fra’ suoi la vita, e d’ogni parte attento
Guatando che nol giunga asta nemica.
Ed ecco dalla man di Merïone835
Una freccia volar che al destro clune
Colse il fuggente, e sotto l’osso accanto
Alla vescica penetrò diritto.
Caduto sul ginocchio egli nel mezzo
De’ cari amici spirando giacea840
Steso al suol come verme, e in larga vena
Il sangue sul terren facea ruscello.
Gli fur dintorno con pietosa cura
I generosi Paflagoni, e lui
Collocato sul carro alla cittade845
Conducean dolorando. Iva con essi
Tutto in lagrime il padre, e dell’ucciso
Figlio nessuna il consolò vendetta.
   Pel morto Arpalïon forte crucciossi
Paride, che cortese ospite l’ebbe850
Fra’ Paflagoni un tempo, e dalla cocca
Sfrenò di ferrea punta una saetta.
Era un certo Euchenór, dell’indovino
Poliíde figliuol, uom prode e ricco
E di Corinto abitator, che appieno855
Del reo suo fato istrutto, avea di Troia
Veleggiato alle rive. A lui sovente
Detto aveva il buon veglio Poliíde
Che d’atro morbo nel paterno tetto,
O di ferro troiano egli morrebbe860
Fra le argoliche navi: e più che morte,
Di tetra infermità l’aspro martíre
E degli Achei lo spregio, egli temette.
Di Paride lo stral colse costui
Sotto l’orecchio alla mascella, e tosto865