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v.255 libro decimoterzo 9

Abbandonarli. Amfimaco fra’ suoi255
Fu ritratto da Stichio e Menestéo
Atenéi condottieri; Imbrio da’ forti
Aiaci, simiglianti a due leoni
Che tolta al dente di gagliardi cani
Una capra talor, fra i densi arbusti260
La portano del bosco alta da terra
Nell’orrende mascelle. A questa guisa
Sublime fra le braccia i due guerrieri
D’Imbrio la salma ne portaro, e a lui,
Trattegli l’armi, il figlio d’Oiléo,265
Della morte d’Amfimaco sdegnoso,
Mozza la testa fe’ volar dal busto;
Indi fra i Teucri la gittò rotata
Come lubrico globo, e al piè d’Ettorre
La travolse sanguigna nella polve.270
   Non fu senz’alto di Nettun disdegno
D’Amfimaco la morte al Dio nipote.
Risoluto in suo cor de’ Teucri il danno,
Fra le navi e le tende il corruccioso
Nume avvïossi ad animar gli Achivi.275
Scontrollo Idomenéo, che appunto in quella
Un amico lasciava a lui poc’anzi
Fuor della pugna dai compagni addutto
E ferito al ginocchio. Ai medicanti
Commessane la cura il re cretese280
Da quella tenda si partía, pur sempre
Desideroso di battaglia. Ed ecco
(Preso il volto e la voce di Toante
D’Andremone figliuol, che di Pleurone
E dell’eccelsa Calidon signore285
Agli Etoli imperava, e al par d’un nume
Lo rivería la gente), ecco Nettunno
Farglisi innanzi, e dire: Idomenéo