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v.53 libro duodecimo 295

Urta, s’arretra degli armati il cerchio;
Tal fra l’armi s’avvolge il teucro duce,
I suoi spronando a valicar la fossa.55
Ma non l’ardían gli ardenti corridori
Che mettean fermi all’orlo alti nitriti,
Dal varco spaventati arduo a saltarsi
E a tragittarsi: perocchè dintorno
S’aprían profondi precipizi, e il sommo60
Margo d’acuti pali era munito,
Di che folto v’avean contro il nemico
Confitto un bosco gli operosi Achei,
Tal che passarvi non potean le rote
Di volubile cocchio. Ma bramosi65
Ardean d’entrarvi e superarlo i fanti.
Fattosi innanzi allor Polidamante
Ad Ettore sì disse: Ettore, e voi
Duci troiani e collegati, udite.
   Stolto ardire è il cacciar dentro la fossa70
Gli animosi cavalli. E non vedete
Il difficile passo e la foresta
D’acute travi, che circonda il muro?
Di niuna guisa ai cavalier non lice
Calarsi in quelle strette a far conflitto,75
Senza periglio di mortal ferita.
Se il Tonante in suo sdegno ha risoluta
Degli Achei la ruina e il nostro scampo,
Ben io vorrei che questo intervenisse
Qui tosto, e che dal caro Argo lontani80
Perdesser tutti coll’onor la vita.
Ma se voltano fronte, e dalle navi
Erompendo con impeto, nel fondo
Ne stringono del fosso, allor, cred’io,
Niuno in Troia di noi nunzio ritorna85
Salvo dal ferro de’ conversi Achei.