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v.727 libro nono 231

La chiamaro Alcïon, perchè simíle
Alla mesta Alcïon gemea la madre
Quando rapilla il saettante Iddio.
   Con gran furore intanto eran le porte730
Di Calidone e le turrite mura
Combattute e percosse. Eletta schiera
Di venerandi vegli e sacerdoti
A Meleagro deputati il prega
Di venir, di respingere il nemico,735
A sua scelta offerendo di cinquanta
Iugeri il dono, del miglior terreno
Di tutto il caledonio almo paese,
Parte alle viti acconcio e parte al solco.
Molto egli pure il genitor lo prega,740
Dell’adirato figlio alle sublimi
Soglie traendo il senil fianco, e in voce
Supplicante del talamo picchiando
Alle sbarrate porte. Anche le suore,
Anche la madre già pentita orando745
Chiedean mercede; ed ei più fermo ognora
La ricusava. Accorsero gli amici
I più cari e diletti; e su quel core
Nulla poteva degli amici il prego:
Finchè le porte da sonori e spessi750
Colpi battute, lo fêr certo alfine
Che scalate i Cureti avean le mura,
E messo il foco alla città. Piangente
La sua bella consorte allor si fece
A deprecarlo, ed alla mente tutti755
D’una presa città gli orrendi mali
Gli dipinse: trafitti i cittadini,
Arse le case, ed in catene i figli
Strascinati e le spose. Si commosse
All’atroce pensier l’alma superba,760