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v.455 libro nono 223

Sola una volta ei là m’attese, e a stento455
Potè sottrarsi all’asta mia. Ma nullo
Più conflitto vogl’io con quel guerriero,
Nullo: e offerti dimani al sommo Giove
E agli altri numi i sacrifici, e tratte
Tutte nel mare le mie carche navi,460
Sì, dimani vedrai, se te ne cale,
Coll’aurora spiegar sull’Ellesponto
I miei legni le vele, ed esultanti
Tutte di lieti remator le sponde.
Se di prospero corso il buon Nettunno465
Cortese mi sarà, la terza luce
Di Ftia porrammi su la dolce riva.
Ivi molta lasciai propria ricchezza
Qua venendo in mal punto, ivi molt’altra
Ne reco in oro, e in fulvo rame, e in terso470
Splendido ferro e in eleganti donne,
Tutto tesoro a me sortito. Il solo
Premio ne manca che mi diè l’Atride,
E re villano mel ritolse ei poscia.
Torna dunque all’ingrato, e gli riporta475
Tutto che dico, e a tutti in faccia, ond’anco
Negli altri Achei si svegli una giust’ira
E un avvisato diffidar dell’arti
Di quel franco impudente, che pur tale
Non ardirebbe di mirarmi in fronte.480
Digli che a parte non verrò giammai
Nè di fatto con lui nè di consiglio;
Che mi deluse; che mi fece oltraggio;
Che gli basti l’aver tanto potuto
Sola una volta, e che mal fonda in vane485
Ciance la speme d’un secondo inganno.
Digli che senza più turbarmi corra
Alla ruina a cui l’incalza Giove