Oh di che lutto ricoprirsi io veggio
La casa degli eroi, l’achea contrada!
Oh quanto in cor ne gemerà l’antico150
Di cocchi agitator Peléo, di lingua
Fra’ Mirmidon sì chiaro e di consiglio;
Egli che in sua magion solea di tutti
Gli Achei le schiatte dimandarmi e i figli,
E giubilava nell’udirli! Ed ora155
Se per Ettorre ei tutti li sapesse
Di terror costernati, oh come al cielo
Alzerebbe le mani, e pregherebbe
Di scendere dolente anima a Pluto!
O Giove padre, o Pallade, o divino160
Di Latona figliuol! chè non son io
Nel fior degli anni, come quando in riva
Pugnâr del ratto Celadonte i Pilii
Con la sperta di lancia arcade gente
Sotto il muro di Fea verso le chiare165
Del Járdano correnti? Alla lor testa
Ereutalion venía, che pari a nume
L’armatura regal d’Arëitóo
Indosso avea, del divo Arëitóo
Che gli uomini tutti e le ben cinte donne170
Clavigero nomâr; perchè non d’arco
Nè di lunga asta armato ei combattea,
Ma con clava di ferro poderosa
Rompea le schiere. A lui diè morte poscia,
Pel valore non già, ma per inganno175
Licurgo al varco d’un angusto calle,
Ove il rotar della ferrata clava
Al suo scampo non valse; chè Licurgo
Prevenendone il colpo traforògli
L’epa coll’asta, e stramazzollo; e l’armi180
Così gli tolse che da Marte egli ebbe,