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156 iliade v.420

Per te solo s’accende; e tu sei tale420
Che altrui vedendo abbandonar la pugna
Rampognarlo oseresti. Or su, ti scuoti,
Esci di qua pria che da’ Greci accesa
Venga a snidarti d’Ilïon la fiamma.
   Bello, siccome un Dio, Paride allora425
Così rispose: Tu mi fai, fratello,
Giusti rimprocci, e giusto al par mi sembra
Ch’io ti risponda, e tu mi porga ascolto.
Nè sdegno nè rancor contra i Troiani
Nel talamo regal mi rattenea,430
Ma desir solo di distrarre un mio
Dolor segreto. E in questo punto istesso
Con tenere parole anco la moglie
M’esortava a tornar nella battaglia,
E il cor mio stesso mi dicea che questo435
Era lo meglio; perocché nel campo
Le palme alterna la vittoria. Or dunque
Attendi che dell’armi io mi rivesta,
O mi precorri, ch’io ti seguo, e tosto
Raggiungerti mi spero. - Così disse440
Paride: e nulla gli rispose Ettorre;
A cui molli volgendo le parole
Elena soggiugnea: Dolce cognato,
Cognato a me proterva, a me primiero
De’ vostri mali detestando fonte,445
Oh m’avesse il dì stesso in che la madre
Mi partoriva, un turbine divelta
Dalle sue braccia, ed alle rupi infranta,
O del mar nell’irate onde sommersa
Pria del bieco mio fallo! E poichè tale450
E tanto danno statuîr gli Dei,
Stata almeno foss’io consorte ad uomo
Più valoroso, e che nel cor più addentro