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v.114 libro sesto 147

Ella ne tien, deponga umilemente
Su le ginocchia della Diva, e dodici115
Giovenche le prometta ancor non dome,
Se la nostra città commiserando
E le consorti e i figli, ella dal sacro
Ilio allontana il fiero Dïomede
Combattente crudele, e vïolento120
Artefice di fuga, e per mio senno
Il più gagliardo degli Achei. Nè certo
Noi tremammo giammai tanto il Pelíde,
Benchè figlio a una Dea, quanto costui
Che fuor di modo inferocisce, e nullo125
Vien di forze con esso a paragone.
   Disse: e al cenno fraterno obbedïente
Ettore armato si lanciò dal carro
Con due dardi alla mano; e via scorrendo
Per lo campo e animando ogni guerriero,130
Rinfrescò la battaglia: e tosto i Teucri
Voltâr la faccia, e coraggiosi incontro
Fersi al nemico. S’arretrâr gli Achivi,
E la strage cessò; ch’essi mirando
Sì audaci i Teucri convertir le fronti,135
Stimâr disceso in lor soccorso un Dio.
E tuttavolta la sue genti Ettorre
Confortando, gridava ad alta voce:
Magnanimi Troiani, e voi di Troia
Generosi alleati, ah siate, amici,140
Siatemi prodi, e fuor mettete intera
La vostra gagliardía, mentr’io per poco
Men volo in Ilio ad intimar de’ padri
E delle mogli i preghi e le votive
Ecatombi agli Dei. - Parte, ciò detto.145
Ondeggiano all’eroe, mentre cammina,
L’alte creste dell’elmo; e il negro cuoio,