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v.1067 libro quinto 137

Tidéo per certo generossi un figlio
Che poco lo somiglia. Era Tidéo
Picciol di corpo, ma guerriero; e quando
Io gli vietava di pugnar, fremea.1070
E quando senza compagnía venuto
Ambasciatore a Tebe io co’ Tebani
Ne’ regii alberghi a banchettar l’astrinsi,
Non depose egli, no, la bellicosa
Alma di prima, ma sfidando il fiore1075
De’ giovani Cadmei, tutti li vinse
Agevolmente col mio nume al fianco.
E al tuo fianco del pari io qui ne vegno,
E ti guardo e t’esorto e ti comando
Di pugnar co’ Troiani arditamente.1080
Ma te per certo o la fatica oppresse,
O qualche tema agghiaccia, e tu non sei
Più, no, la prole del pugnace Eníde.
   Ti riconosco, o Dea (tosto rispose
Il valoroso eroe), ti riconosco,1085
Figlia di Giove, e di buon grado e netta
Mia ragione dirò. Nè vil timore
Nè ignavia mi rattien, ma il tuo comando.
Non se’ tu quella che pugnar poc’anzi
Mi vietasti co’ numi? E se la figlia1090
Di Giove Citerea nel campo entrava,
Non mi dicesti di ferirla? Il feci.
Ed or recedo, e agli altri Achivi imposi
D’accogliersi qui tutti, ora che Marte,
Ben lo conosco, de’ Troiani è il duce.1095
   E a lui la Diva dalle luci azzurre:
Diletto Dïomede, alcuna tema
Di questo Marte non aver, nè d’altro
Qualunque iddio, se tua difesa io sono.
Sorgi, e drizza in costui gl’impetuosi1100