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88 | il vicario di wakefield. |
sguaiata con giocolini di parole e amari motteggi a dargli il tizzo e proverbiarlo: ma la beffa ricadeva tutta sulla povera donna. Egli non pertanto ne lodò la ilarità; ma disse mancare a quegli scherzi un briciolo di buon senso. “Eh! Signore, molti vantano senso senza possederne.” — “Oh sì perdio!” rispose Burchell; “e invero voi avete conosciuto delle gentildonne che si spacciavano per begli ingegni, e d’ingegno erano affatto sprovvedute.”
Allora finalmente io m’addiedi che mia moglie poco o nulla avrebbe ottenuto dell’intento; e deliberato di sguainare io medesimo contro colui lo stocco, bruscamente balzato in mezzo esclamai: “Ma nè ingegno nè spirito vale senza onestà; poichè ella sola fa degna di stima qualsivoglia persona. Il rozzo alpigiano d’intemerati costumi è più grande assai del filosofo di perduta morale: e che monta il genio, che monta il coraggio mai quando non si ha un cuor santo?
L’uomo onesto è di Dio l’opra più bella.”
“Questa sentenza che tu hai tolta ad imprestito da Pope,” rispose il signor Burchell, fu da me sempre riputata indegna d’un uomo d’alto ingegno; e sto per dire ch’egli è con quella un volere rinnegare vituperevolmente la propria preminenza. Il merito dei libri non istà nel non aver difetti, ma bensì nell’avere bellezze grandi; e gli uomini pure ben vorrebbonsi apprezzare non a misura ch’eglino sono mondi di falli, ma di tanto più sempre quanto più luminose sono le loro virtù. Nè importa che al letterato manchi prudenza, ed orgoglioso sia il magistrato, e feroce il guerriero, perchè debba per noi anteporsi a costoro l’artigianello che vive oscura la sua vita senza riscuotere mai una lode. Che se ciò fosse, potremmo del pari preferire i dipinti corretti sì, ma umili e volgari della scuola fiamminga a quelli d’errori sparsi, ma del pennello italiano, ma sublimi, ma tutt’anima.”
“Correrà bene la tua riflessione, diss’io, quando