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84 | il vicario di wakefield. |
vicino io guardava come danaro, non ignorando quant’egli fosse buon solvente; la fu dunque sottoscritta e a me data alla mano. Detto fatto, il vecchio signor Jenkinson, il suo servo Abramo e ’l mio antico cavallo il morellotto trottaron contenti pei fatti loro.
Rimasto solo, cominciai tra me e me a ruminare seriosamente e ad accorgermi d’aver fatto male a ricevere in pagamento una lettera di cambio da uno sconosciuto; ed avvisai da uom prudente di richiamare il compratore e farmi restituire il mio cavallo; ma non era più tempo. Imperò m’incamminai difilato vêr casa con animo di riscuotere subito la cambiale. Trovai quell’onesto amico di Flamborough sulla porta sua colla pipa in bocca; gli dissi della piccola polizza; la lesse e rilesse. — “Buon Salomone, quella firma tu la saprai dicifrare, Efraimo Jenkinson.” — “Sì sì, il nome è chiaro, e so chi l’ha scritto; il peggior furfante che viva sotto del cielo, quello stesso mariuolo che ci ha venduti gli occhiali. Capegli grigi, non egli è vero? guardatura veneranda, e con un abito che non ha orecchie alle saccocce. Il saccentone ti avrà sfibbiata una tiritera di parole greche intorno la cosmogonia e ’l mondo. Qui sta tutta la sua erudizione, e sempre ch’egli si abbatte in letterato gliela canta distesamente: ma io lo conosco il briccone; e che sì ch’io lo afferrerò pel collo! lo non gli rispondeva che con sospiri; e quantunque fossi già abbastanza afflitto, prevedeva che mi si sarebbe scaricato addosso il colpo più fiero nell’atto di venire al cospetto di mia moglie e delle figliuole. Non provò tanta angoscia mai e batticuore uno scolare dappoco nel ritornarsene, dopo aver sfuggita per alcuni giorni la scuola, in faccia del suo maestro, quant’io ne sentii nell’avviarmi vêr casa mia. Determinai non pertanto di prevenire la collera de’ miei coll’esser io il primo ad adirarmi per alcun motivo contro di loro. Ahimè! che nell’entrare trovai la famiglia per niun verso disposta alla zuffa. Tutto era lagrime e gemiti, es-