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capitolo decimoterzo. | 69 |
bravano formare che la seconda parte di quel sermone che la mattina era stato accolto sì male. La disputa inagrestì; e la povera Debora, in vece di addurre ragioni, alzava la voce; e fu da ultimo costretta a dover difendersi da una intera sconfitta, con un grido fortissimo. La conclusione del discorso di lei era sommamente spiaciuta non per tanto a tutti noi; quell’incauta dicendo saper ella benissimo che molti nel dar consigli sono spinti da segrete ragioni, ma che tal razza di gente avrebbe veduta volentieri sbandita di sua casa per l’avvenire. Burchell, con una certa aria serena atta ad aizzarla vieppiù, le replicò che di ragioni segrete egli ne aveva pur troppo, e si asteneva dal palesarle, perchè la scorgeva incapace di soddisfare con risposte alle manifeste; e che avvedendosi le sue visite esser divenute importune, dimandava commiato per allora; e non sarebbe venuto a casa nostra se non forse un’altra volta per darci l’ultimo addio, prima di partire da quella provincia. Ciò detto, prese il cappello e se n’andò, senza che gli sforzi di Sofia, che colle occhiate lo rimproverava di quel suo precipitoso partito, valessero a rattenerlo.
Tutti, per alcuni minuti, ci guardammo in volto l’un l’altro confusi e smarriti; e mia moglie che sapeva esserne ella la cagione, si sforzava di nascondere il turbamento suo con un sorriso stentato ed una certa fidanza ch’io mi sentii voglia di biasimare con queste parole: “E così, o donna, si trattano da noi i forestieri? così li rimuneriamo delle gentilezze loro? Sappi che non t’è mai scappato di bocca un motto più incivile in tutta tua vita, nè che più mi contristasse.” — “A che provocarmi egli dunque? Ma so ben io,” rispose, “quali sono i motivi delle sue ammonizioni. E’ voleva distormi dal mandare le fanciulle alla città, per godere qui in casa a posta sua della compagnia della minore. Ma sia che vuole, ella sceglierà un miglior amico che non è quel villanzone.” — “Villanzone di’ tu? Gli è assai facile che noi prendiamo