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62 | il vicario di wakefield. |
da tè mille urie d’amore. Verso la fine della settimana ricevemmo un viglietto dalle gentildonne, ove dopo molti saluti manifestavano la loro speranza di vedere la domenica vicina tutta la nostra famiglia alla chiesa. Quindi per tutta la mattina del sabato io vidi la mia moglie e le fanciulle strette in colloquio, bisbigliar tra di loro pian piano, e gittarmi delle occhiate da traverso che davano segno d’alcuna trama segreta. A dir vero, io sospettava forte non si andasse per loro fantasticando qualche goffo pensiero, e ’l come dovessero governarsi onde il giorno appresso comparire in grande sfarzo. Alla sera, in fatti, elleno mandarono ad esecuzione la concertata impresa con molta maestria; e mia moglie valorosamente innanzi a tutte guidava l’assedio. Sembrando io di buon umore dopo aver bevuto il tè, ella così incominciò: — “Carlo mio, io credo che domattina vi avrà buona compagnia in chiesa.”
“Può essere; ma non te ne dar pena. Venga o no questa gente, la predica si farà ad ogni modo.”
“Oh! ciò assai m’importa. Ma e’ mi pare, marito mio, che noi dovremmo far di tutto per apparirvi decentemente; perchè chi sa mai cosa sia per accadere?”
“Davvero che le tue precauzioni sono commendevoli. Mi piace molto in chiesa un contegno decente. Fa d’uopo starvi con umiltà e divozione, e con volto sereno e gioviale.”
“Sì sì; ma io vorrei dire che vi si vorrebbe andare colla dovuta convenevolezza, non come la plebaglia.”
“Tu hai ragione, moglie cara; e te lo voleva suggerire io stesso. La maniera più conveniente è di andarvi più per tempo che si può, onde aver campo di fare meditazione prima dello incominciare degli uffici divini.”
“Capperi! Gli è verissimo; ma tu non pigli bene. Dico e’ sarebbe uopo andarvi con decoro. Quivi a due miglia è la chiesa, tu il sai pure; e io ti giuro che a me spiace vedere le mie figliuole trottare al loro inginocchiatoio coi visi tutti gonfi e infocati per la lunga via,