![]() |
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. | ![]() |
capitolo nono. | 59 |
A un motto così libero, le due gentildonne che fingevano ignorare i discorsi precedenti, parvero aggrottar per isdegno le ciglia; poi diedero principio ad un dialogo alquanto discreto e serio intorno alla virtù. A quello intervenni io pure colla moglie mia e ’l cappellano; e verso il finire lo scudiero istesso s’indusse a confessare il suo rimorso per aver data troppo la briglia alla lingua. Si parlò de’ piaceri della temperanza e della serenità d’un’anima innocente: e non vi fu mai cosa che mi contentasse tanto come di aver tenuti desti oltre l’usato i due ragazzini, perchè così venivano bene edificati da quella ottima conversazione. Il signor Thornhill si volse a me con tal garbo infino a domandarmi come io la pensassi in fatto di preci: ed io accolsi volentieri quell’argomento; e la sera si passò in utili e belli ragionamenti finchè parve alla brigata di andarsene. Le gentildonne sembrarono a mal in cuore dividersi dalle mie figliuole alle quali s’erano a poco a poco in modo singolare affezionate, e menandone lamento, fecero instanza perchè fosse loro accordato di condurle via seco. Lo scudiero secondò quella profferta, e mia moglie anch’ella; e le fanciulle gittavano a me certi sguardi coi quali voleanmi pure strappar di bocca l’assenso. In tale perplessità m’ingegnai di porre in mezzo due o tre scuse che le figliuole appianarono tosto; di modo che io mi vidi costretto a dare un’aperta negativa, per cui non ebbi il dì seguente che de’ visi arcigni e tronche risposte.
CAPITOLO DECIMO.
Allora incominciai ad accorgermi che non si badava per nulla a tutte le mie lunghe e laboriose lezioni sulla temperanza, la semplicità e la pace dell’anima: e le cor-