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il vicario di wakefield. |
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Allo stranier, cui grave
Era l’alma d’affanni, e già piangea.
Quel sorgente dolor vide il romito;
E d’angoscia simíle
Sentissi il cor ferito;
Poi rotti dal sospiro
Codesti accenti dal suo labbro usciro.
Oh! che mai, che mai t’affanna’,
Giovinetto sconsolato?
D’auree soglie or ti condanna
Forse in bando avverso fato?
O ti duol di fè tradita
D’empj amici ed infedeli;
O di fiamma non gradita
Ardi in petto e ti quereli?
Ahi! che sol labili
Vane allegrezze
Dalle ricchezze
Hanno i mortali.
Stolti, se pregiano
Beni sì frali.
Ahi! l’amicizia
Nome è soltanto.
È un vuoto incanto
Che ci diletta;
Lusinga debile
Che al sonno alletta;
Ombra volubile
Che dietro all’oro
Corre, e al sonoro
Titol beato;
Ma lascia in lagrime
Lo sventurato.
Suon più ingannevole,
Più ignota cosa,
Sol d’orgogliosa
Beltà, mel credi,
È amor ludibrio;