In brame inutili
Per una vita
Che presto fugge,
Presto è finita.
Dolce, come rugiada
Che dalle stelle cada,
Era l’incanto del parlar soave;
E lo straniero intanto
S’inchinava modesto all’uom solingo,
Seguitandone i passi. Entro il più cupo
Della selva giacea
Il solitario ostello,
Al povero vicino
Asilo, e allo sviato pellegrino.
Facile lo sportello
Schiuso all’alzar del saliscendi, accolse
Quella coppia innocente:
Poi che cura nessuna
Al signor suo non chiede
Dell’umil tetto l’umile fortuna.
Era l’ora in cui cercano riposo
Dai lavori del dì stanchi i mortali;
E il gentile eremita
Di serenar la fronte disioso
All’ospite pensoso,
Il picciol fuoco avviva; e sorridendo
Con amabile festa
A gustar ne l’invita i frutti e l’erbe
Che sul desco gli appresta.
Poi di casi istruito e di novelle
Siede favoleggiando,
Coi racconti le lente ore ingannando.
Pon sue scaltre moine
Il gatto in opra, e gli festeggia intorno.
Allegro canta il grillo
Dal focolare; e crepitar la fiamma
Fa l’ardente fastello: ma dolcezza
Nessuna in cor scendea