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capitolo sesto. | 45 |
bene, che s’egli è tale com’io lo sospetto, giuro che niuna anima negra s’avrà mai una mia figliuola.”
“Ma per verità, padre mio,” gridò Mosè, “tu se’troppo severo; perchè il cielo non farà mai processo de’ pensamenti, ma delle opere. Ad ogni uomo insorgono de’ pensieri viziosi ch’egli non può a posta sua sopprimere. Questa di lui libertà di pensare in cose di religione può essere involontaria: però quantunque lo si confessi in errore, essendo puramente passivo il di lui assenso, non gliene si può dare più carico di quello che si recherebbe ad un castellano il quale fosse costretto a ricettare in città smantellata un esercito possente d’assedianti.”
“Gli è verissimo,” diss’io: “ma se il castellano v’invita egli stesso il nemico, non viene esso accusato a buon diritto come colpevole della sconfitta? E questo è sempre il caso di chi abbraccia gli errori; chè il vizio non istà nell’assentire alle prove di quelli, ma nel chiudere gli occhi alle prove in contrario. A guisa di giudici corrotti eglino danno favore alla prima evidenza, non le volendo udire tutte: di qui, figliuol mio, quantunque ogni nostra opinione erronea sia a prima giunta involontaria, per la nostra negligenza nell’ammetterla o caparbietà nel rimanerci in quella, o vizio o follía ch’ella sia, noi ne meritiamo gastigo.”
S’intromise mia moglie, la quale sviando alquanto dell’argomento ci trasse a considerare come molti nostri amici, sebbene liberi pensatori, fossero pure ottimi mariti; poi disse che molte fanciulle ella conosceva le quali con bella maniera avevano de’ loro sposi fatti tanti convertiti. “E a che non potrebbe arrivare,” soggiungeva, “il senno della nostra Olivia? Ella si comporta assai bene in ogni incontro; e per quanto e’ mi pare, di controversie la ne sa a bizzeffe.”
“O cara moglie mia,” diss’io, “che razza di controversie può ella mai aver lette? Non mi sovviene d’averle prestati di così fatti libri iu vita mia; e tu per certo la