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22 il vicario di wakefield.

feci le mie disavventure; ma tutto era un nulla a paragone del crepacuore dei due amanti. Il signor Wilmot, che già fin da prima pareva abbastanza inclinato a stornare il parentado, vi si determinò del tutto dopo questo disastro, perchè una sola virtù egli possedeva appieno, la prudenza; virtù che troppo spesso è la sola che ci rimanga intatta all’età di settantadue anni.


CAPITOLO TERZO.


Le sfortunate vicende della vita, alla fin fine si scuopre che sono procurate da noi medesimi.


L’unica speranza nostra in ciò si fondava che la notizia di nostre sventure potesse essere o maligna o intempestiva: ma ben presto una lettera del mio fattore in città mi confermò appieno ogni cosa. La perdita dei miei beni di fortuna per me solo l’avrei stimata una baia; e l’unica pena ch’io ne provassi era per la mia famiglia ch’io vedeva dannata all’umiltà, senza essere stata educata in modo da poter sopportare l’altrui disprezzo. Per ben quindici giorni non mi bastò l’animo di tentare alcuna via per mitigare il dolore di lei, perchè la consolazione affrettata altro non fa che inacerbire la piaga, mantenendo viva la memoria della sciagura. Intanto io volgeva i pensieri a qualche mezzo onde procurarci il vitto; e mi venne alla fine esibita una piccola parrocchia in qualche distanza colla rendita di cinquanta lire l’anno, ove senza essere molestato avrei potuto star fermo ne’ miei principii. Accettai di buon grado l’offerta, portando opinione di potermi lucrare qualche altra cosa, oltre il salario, coll’attendere ad un piccol podere.

Venuto in questa determinazione mi diedi a ragunare gli avanzi de’ miei averi, e pagato ogni debito, di quattordicimila lire non me ne vidi rimanere che quattrocento. Imperò posi ogni opera nell’attutare l’orgoglio della mia