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capitolo trentesimosecondo. 217

alla Sofia; poi il mio figliuolo non diede indugio a seguitare un sì fatto esempio colla sua vezzosissima sposa.

Io aveva già mandato sull’alba una carrozza a prendere il mio buon vicino Flamborough e la sua famiglia. E tornati noi dalla chiesa, avemmo la soddisfazione di ritrovarvi già arrivate le due fanciulle di quell’uomo dabbene. Alla maggiore di quelle dava braccio il signor Jenkinson, ed all’altra il mio figliuolo Mosè ch’io mi accorsi dappoi incapriccirsi davvero della zittella. E Dio il benedica; perocchè io non negherogli mai il mio consenso all’accasamento di lui, ogni volta ch’egli me ne faccia inchiesta; nè in onorare le sue nozze terrò stretta la borsa. Non avevamo ancora posto piede nell’osteria, che una turba vi giunse de’ miei parrocchiani per congratularsi meco de’ miei fortunati eventi; e fra questi vedevansi que’ meschinelli istessi che s’erano ammutinati per liberar me dalle mani de’ bargelli, e ch’io aveva tanto severamente garriti. Quindi io raccontai quel fatto al mio genero il signor Guglielmo, che uscito fuori ne li rampognò di bel nuovo con dure parole. Ma vedendoli oltremodo affliggersi, diede a ciascuno di loro una mezza ghinea, onde far brindisi alla salute di lui, e temperare l’amarezza de’ loro cuori.

Fummo, poco stante, chiamati ad un divertimento grazioso apprestatoci dal cuoco dello scudiero Thornhill. Il nome di quest’ultimo torna in acconcio per dire come egli ora meni la sua vita in casa d’un suo parente che lo guarda di buon occhio e lo fa sedere sempre alla sua mensa; se ne levi però poche volte nelle quali sopraggiungendo molti forestieri talchè per lui non v’abbia luogo, tocca al signor Thornhill di porsi alla vicina credenza: perchè con lui non si sta sulle cerimonie. E il tempo ei lo consuma in tenere compagnia a quel suo ospite, in disgombrarne la malinconia a cui quegli si dà di frequente, e in apprendere a sonare il corno. Ma la maggiore delle mie figliuole si ricorda ancora di lui, e rin-