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capitolo trentesimoprimo. 215

trovammo un sontuoso banchetto per noi, e di molte vivande più grossolane onde rallegrare quelle buone genti che ci avevano fatto codazzo.

Dopo la cena, sentendomi illanguiditi gli spiriti per l’alternare de’piaceri e delle pene di quella giornata, presi licenza; e mi ritrassi dalla compagnia, in mezzo a cui tutto era gioia. E appena vedutomi solo, disfogando il mio cuore, ringraziai il datore d’ogni bene e d’ogni guaio; poi placidamente dormii fino alla vegnente mattina.

CAPITOLO TRENTESIMOSECONDO.

Conclusione.

Risvegliatomi la dimane, trovai seduto sulla sponda del letto il mio figliuolo maggiore, venuto a porre il colmo alla mia contentezza colla novella d’un’altra fortuna per me. Perocchè, scioltomi dall’obbligazione che io avevagli il dì innanzi fatta, narrommi che il mio mercatante fallito era stato imprigionato ad Anversa, ed ivi aveva rassegnate sostanze da pagare ogni debito e sopravanzarne. Tanto piacquemi la generosità del giovanetto, quasi quanto un così inaspettato e felice avvenimento: ma mi nacque il dubbio s’io giustamente potessi accettare la profferta sua. Mentre che io per tale cagione me ne stava sovra pensieri, entrò in camera il signor Guglielmo al quale partecipai questo mio scrupolo; e fui intorno a ciò a ragionamento seco lui. Però egli manifestommi il parer suo, dicendo che le nozze di mio figliuolo apportando già a lui abbondanti ricchezze, senza esitare io poteva accogliere la rinunzia che colui faceva alle sei mila lire. Indi pregommi che io assistessi quella mattina agli sponsali per cui egli aveva la notte già mandato a pren-