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capitolo trentesimoprimo. 207

monio, sentì tutte le ragioni per cui il nipote poteva pretendere la dote. Allora madamigella si accorse come gli averi suoi erano irreparabilmente perduti; e guardando in volto al mio figliuolo, domandògli se così spogliata com’era di ricchezze, egli ancor l’apprezzasse, e se a lui bastasse la sua mano, unico dono a lei rimasto da potere offerire.

“E questa sola,” rispose il vero amante che lei amava sopra la vita sua, “è la cosa da me ambita; nè altra reputai degna mai d’essere accettata. Credilo, Arabella mia; e per tutto quanto v’ha di più sacro io giuro che la tua povertà adesso raddoppia la mia contentezza; poich’ella vale a convincere la mia dolce amante della sincerità dell’anima mia.”

Accorso anch’egli il signor Wilmot, mostrò non poca gioia del vedere la sua figliuola scampata da tanto pericolo; e di buon grado acconsenti all’annullazione del matrimonio di lei con Thornhill. Ma sentendo che da costui non si voleva rinunziare alla dote, n’ebbe crepacuore il più grande ch’uomo mai aver possa. Vide egli che il molto oro da lui ragunato doveva sgraziatamente arricchire un pitocco che non aveva soldo del suo in tasca. Però l’essere un briccone il suo genero futuro pareagli sopportabile danno; ma il non avere egli quattrini quanto la sua Arabella, era assenzio per l’anima sua. Quindi egli sedutosi per alcuni minuti senza dir motto, se ne stette rodendo la piaga, pieno di vergogna e di rabbia. Finchè poi il signor Guglielmo, desideroso di calmarne l’angoscia, così gli disse: “Vi debbo, o signore, confessare che non affatto disgradisco questa vostra traversía; poichè ella è giusta pena alla smoderata vostra avarizia. Ma quantunque la fanciulla non possa ora essere ricca, le restano tuttavia fortune onde vivere competentemente. Eccovi un giovane soldato d’onesti costumi, pronto a sposarla senza dote. Lungamente si sono essi amati a vicenda: ed essendo io amico del padre di quel