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capitolo ventesimottavo. 183

Il primo che mi assalì fu da me rimandato ferito, e di ferita, io temo, mortale. Ma soverchiato poscia dagli altri e stretto di lacci, venni qui tratto da que’ manigoldi. Il codardo si è posto nell’animo di rivolgere a mio danno tutto il rigore della legge. Però le prove sono evidenti. L’ho chiamato io a duello; ed essendo io il primo trasgressore dello statuto, non v’ha speranza di grazia. Ma tu soventi volte mi dilettasti colle tue lezioni di magnanimità; fa’ dunque d’inspirarmela ora col tuo esempio, ora ch’ella mi è d’uopo.”

“L’avrai, figliuolo mio, l’avrai, te ne assicuro. Sento ora sollevarmi al di sopra di questo mondo e di ogni umana gioia: spezzo del tutto i legami che per lo addietro m’avvinghiavano alla terra; e pongo opera nell’apparecchiare e te e me per l’eternità. Io ti mostrerò la via e l’anima mia sarà guida alla tua; perchè entrambe spiegheranno di compagnia il loro volo. Veggo pur troppo che non ti resta perdono a sperare guaggiù; e solo posso esortarti a cercarlo a quel giudice altissimo innanzi a cui quanto prima verremo. Ma abbiano parte alle nostre preci anche gli altri meschini che con noi stanno in questa prigione, onde quelle a Dio riescano, quanto più numerose, più accette.” E rivoltomi al buon carceriere, scongiurai ch’ei li guidasse tutti al mio letto, perch’eglino traessero da tale vista alcuna emenda ai loro costumi. Poi m’ingegnai di sorgere dalla paglia. Ma infievolito oltre modo, appena ebbi forza d’appoggiarmi alla muraglia. Ragunaronsi allora i prigionieri desiderosi d’udire i miei consigli; mi ressero d’ambo i lati la moglie mia e ’l mio figliuolo; e veduto io niuna persona mancare tra gli uditori, diedi principio al mio ragionamento colle seguenti parole.