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182 il vicario di wakefield.

col silenzio; ma quello sforzo mi uccideva. Però dovetti così esclamare: “O figliuol mio, il cuore mi si sbarra dal petto in vederti così sciagurato, nè poterti soccorrere dell’opera mia. Misero me! che nè giovarti io possa! Ahi crepacuore di padre! Riposare tranquillo nella credenza che tu fossi felice, pregare Iddio che te conservasse, e nello stesso tratto mirarti in tale orrido stato, tutto sangue e catene! Pure la morte del giovane è felice. Ma io vecchio, io pieno d’anni, son vissuto fino a questo giorno per dover mirare i miei figliuoli cadere di cruda morte l’un sovra l’altro al mio fianco e nel fior di giovinezza. Ed io vivere in tanta rovina, io solo! Tutte le maledizioni che valgono a sterminare una creatura piombino addosso all’assassinatore de’ miei figliuoli. Abbia egli tanto di vita com’io, per vedere....”

“Pon’ modo, o padre, ai lamenti,” replicò il mio figliuolo; “o ch’io per te sarò costretto ad arrossire. Come puoi tu dimenticare la tua età, il tuo sacro ministerio, ed arrogarti d’avere in poter tuo que’ fulmini che spettano alla giustizia di Dio, e scagliar maledizioni che ricaderebbero tosto sul tuo capo canuto per ischiacciarlo spaventevolmente? Rivolgi piuttosto ogni cura a disporre me a quella morte ignominiosa a cui sarò tratto in breve: avvalora le mie speranze e la fermezza del cuor mio; e mi presta coraggio per bevere l’amarissimo calice che mi sta preparato.”

“Non morrai no, figliuol mio; chè certo di tal colpa non sei reo a cui si convenga punimento infame cotanto. Come può egli essere mai che il mio Giorgio commetta delitto sì nero che valga a svergognare gli antenati suoi?”

“Eppure imperdonabile è il mio fallo. Appena ricevuta la lettera di mia madre, corsi a questa volta determinato a punire il traditore dell’onor nostro; e immantinente gl’inviai la disfida, alla quale egli non in persona rispose, ma col dare ordine a quattro de’ suoi servi di venire a me e pormi addosso le mani e legarmi prigione.