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8 cenni biografici intorno all’autore

allora col meritato plauso, fra le opere di siffatto genere è poi sempre rimasta delle prime. In quel volger di tempo uscirono pure in luce altre delle sue più piacevoli e lodate opere in prosa. Nè da lui si lasciò intentato il teatro; e nel 1768 fu rappresentata al Covent-Garden una sua commedia intitolata L’uomo di buon’indole, la quale però, per difetti d’intreccio e scarsa conoscenza dell’effetto drammatico, non fu coronata di felicissimo successo. Ma la gloria di Goldsmith, come poeta, più che mai rifulse nel 1770 per la pubblicazione del Villaggio abbandonato, graziosissimo poemetto che ottenne l’ammirazione universale. Il prezzo offertogli dallo stampatore di quasi cinque scellini il distico, parve a lui tanto enorme, che alla prima rifiutossi di prenderlo; ma poi, per la maravigliosa vendita del libro, si persuase che poteva in buona coscienza appropriarsi quella parte di tanto utile. Nel 1772 produsse in sulle scene un’altra commedia per titolo Ella s’inchina per conquistare o Gli equivoci d’una notte; la quale, malgrado che pei caratteri e per l’intreccio fosse, più che altro, una farsa, pure pel molto sale comico che vi è per entro, piacque straordinariamente. E fu questo per Goldsmith l’anno più fecondo di ricchezze; ma la stemperata profusione che egli ne fece, e il mal’abito del giuoco, lo lasciarono, al chiudersi di esso, immerso nei debiti. Nei due seguenti, diede alle stampe la Storia greca e la Storia della Terra e della Natura animata, che ricavò, l’ultima spezialmente, da Buffon. Disegnava e preparava altre opere, quando morte immaturamente lo colse. Una lenta febbre incominciò a serpeggiargli per le ossa, il marzo del 1774; ed avendo egli presa una dose di potentissimo farmaco, a suo stesso giudizio, soverchia, il quarto d’aprile, decimo di malattia, soggiacque, non si sa se alla forza del male o del rimedio. Fu seppellito con assai modesti onori funebri nella chiesa maggiore; ma in séguito fu eretto alla sua memoria un monumento con una iscrizione latina del dottor Johnson, che daremo tradotta.

Goldsmith fu di coloro che son più felici nell’uso della penna che della parola; essendo stato il suo discorso generalmente confuso e non di rado assurdo; a segno che i begli spiriti, alla compagnia de’ quali egli usava, pare che, più che per consocio, lo tenessero per loro zimbello. Eppure non v’ebbe forse