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158 | il vicario di wakefield. |
due miglia, ecco a tutta foga correrci dietro con alto strepito e gridori una turba de’ più miseracci parrocchiani miei. Erano quelli un cinquanta o là intorno; e giunti a noi, con orrende imprecazioni poser mano ai due bargelli. Poi, giurando non volere essi, finchè una goccia di sangue scaldava loro le vene, patire mai che il loro curato venisse tratto in prigione, stavano per malmenare severamente i due. E tristo effetto ne sarebbe sortito, se di subito non fossi io entrato di mezzo per liberare a stento dalle mani dell’arrabbiata moltitudine que’ birri. Somma era allora la gioia de’ miei figliuoli; e parendo a que’ poveretti omai certa la mia salvezza, non capivano in sè stessi. Ma furono tostamente cavati d’inganno dall’udirmi così favellare a quella buona gente delusa, accorsa, com’ella credeva, pel mio bene.
“Amici miei, così mi amate voi dunque? In questa guisa obbedite agl’insegnamenti che dal pulpito m’udiste darvi? Così vi opponete alle leggi? E me con voi vorreste tirare in rovina? Qual di voi è capo? Mostratemi chi vi sedusse; e lui niuna cosa sottrarrà dallo sdegno mio. Ahi! tornate, pecorelle smarrite, tornate ai doveri vostri inverso Dio, inverso la patria, vêr me. Forse un giorno in più prospero stato me rivedrete in mezzo di voi; e forse mi sarà dato di farvi felice la vita più che la non è di presente. Ma possa io almanco avere la consolazione del sapere niuna pecorella mancarmi quel dì ch’io, chiamato da Dio, lascerò ad altri il governo dell’ovile.”
A queste parole parvero tutti venire in pentimento; e struggendosi in lagrime, l’un dopo l’altro mi si accostarono per darmi l’addio. Ad ognuno io stringeva la destra teneramente; e benedicendoli, proseguii il viaggio senza ch’altro più ce ne distogliesse. Però poche ore prima di notte pervenimmo alla città, o villaggio piuttosto; chè di sole poche casucce composto, e perduta tutta l’opulenza d’un tempo, non altro quello riteneva dell’antico splendore che la prigione.