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forse pericoloso, parlare; d’altronde una voce segreta, i suoi nervi scossi e vibranti, le dicevano che dall’esito di quella conversazione dipendeva l’avvenire di Giovanna; e parlò. Prese un tono fra l’ironico e il serio e raccontò la storia, senza far nomi; e Paolo ascoltò sorridendo, con attenzione speciale, ma senza dimostrare alcuna curiosità. Giovanna lo guardava acutamente in volto; credeva ch’egli interrompesse Elena con domande particolari; che capisse perchè gli si rivelava il segreto; che si mettesse subito al loro servigio.
Non avvenne niente di tutto questo; egli ascoltò cortesemente, e benchè Elena notasse una crescente ironia nella sua attenzione, egli fu abbastanza gentile per non deridere, nè mettere in dubbio la storia.
— Può darsi, può darsi — disse, guardando Elena, e accarezzando su un tavolinetto vicino un grosso spartito rilegato in pelle rossa. — È una cosa per lo meno verosimile, e qui in Sardegna si raccontano tanti fatti di questo genere. Dunque è lei che va a Parigi, Elena? Ma sì, vada, vada: fa molto bene viaggiare, specialmente quando si è intelligenti come lei!
— Sì, molto intelligente! — esclamò essa ridendo e chinando gli occhi.
— Ma sì, intelligentissima! Non chini così modestamente quegli occhioni. Già, tutte le donne sarde sono intelligenti. Anche lei. Giovanna, non