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— Sì, sì, ma intanto non si disturbi, avvocato — continuava l’altro.

Il pensiero che Cosimo restasse lo mise di malumore; si pentì quasi d’esser venuto, ma insistè così gentilmente perchè l’avvocato facesse il suo comodo, che questi se n’andò via allegramente, senza accorgersi di esser mandato via.

Paolo rimase però con un po’ di malumore: Giovanna tardava ad entrare ed Elena, benchè sorridente, gli sembrava più fredda del ghiaccio. Il giorno poi era afoso e pesante; entrava nel salotto una strana luce grigiastra, smorta, e dalla finestra arrivava un leggero soffio di scirocco, che scuoteva i nervi e rizzava i capelli col suo odore asfissiante di nuvole umide, di paludi lontane, di mare in burrasca.

— Che tempo — disse Elena, tanto per cominciare — pare però che voglia piovere. — E guardò verso la finestra.

Parlavano ancora del tempo, quando entrò Giovanna in gran toeletta: era pallida e nervosa, ma sorrideva e pareva allegra.

— C’era bisogno di ciò, mentre sapeva che io vesto da casa! — pensò Elena, che indossava una semplice blusa d’indiana. Cessò di sorridere e si fece più piccina di quel che era, mentre Giovanna, che con poco tatto davvero si era messo un vestito tutto nastri e splendidi scarpini, faceva un notevole contrasto con lei. Dopo tutto le importava poco, non desiderando di attirare l’at-