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giungeva talvolta l’adorazione. Nella boriosa indifferenza del figlio ella scorgeva un segno di superiorità, di nobiltà di sangue; persino nella poca volontà di lavorare vedeva un segno di lontana aristocrazia.
Del resto donna Francesca era il più bel tipo d’antica famiglia sarda; alta, delicata, con profondi occhi neri, profilo puro e carnagione ancor fresca. Portava i capelli grigi pettinati all’antica foggia sarda, divisi per lungo e per largo, in modo che le scriminature segnavano una croce sulla sommità della testa; e forse ciò era anche un segno di devozione, un preservativo contro le tentazioni.
Vestiva sempre di nero, e teneva spesso in testa un fazzolettone bianco che le dava un’aria monacale.
Lavorava e vigilava sempre; non era al corrente della vita moderna, ma compativa i nuovi costumi; non faceva della maldicenza, non si adirava mai, non aveva alcuna malizia. Inoltre confezionava dolci e pasticcini meravigliosi, come soltanto le monache sanno farne, e coltivava con le sue mani il piccolo giardinetto.
Non aveva alcun sentimento di malignità; per ciò permetteva che le figliuole ricevessero da sole il signor De-Cerere e qualche altro amico di famiglia, sicura che le sue bimbe, rassomigliandole, erano abbastanza savie e serie per preservarsi da sè stesse. Ed Elena lo era di certo,