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geva nuova, e perciò ascoltava con indifferenza ogni maldicenza.

Pretendeva che le sorelle e la madre non si occupassero dei falli altrui; ma se qualche rarissima volta si lasciava in lor presenza andare a delle confidenze, rivelava cose veramente stupefacenti.

Così in quel giorno raccontò storielle proprio amene sul conto di Peppina Marchis. Elena disse:

— Non saran vere. E poi è bella e ricca.

— Ma che ricchezze! — gridò Cosimo. — La donna ch’io sposerò non sarà ricca, ma pura come l’aria, innocente e buona.

— Maria? — domandò Elena; egli si mise a ridere beffardo.

Eppure Maria, una ragazzina di diciotto anni, che abitava in faccia a casa loro, era una bimba pura come l’aria, innocente e buona, pallida e con la treccia ancor pendente sulle spalle; evidentemente innamorata di Cosimo, lo aspettava sempre alla finestra, arrossiva nel vederlo, e per lunghe ore sognava presso il davanzale; ei se ne avvedeva, ma Maria era troppo esile ed umile per attirare i suoi sguardi.

Incapace di nutrire una passione profonda, egli credeva che tutte le fanciulle civettassero per trovar marito, e benchè la sua vanità restasse lusingata dalla muta adorazione di Maria, pensava crudelmente:

— Cerca già marito! Piccola civetta!