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— Non rispondono più! — disse Giovanna scoraggiata. — Proviamo a scrivere ancora?

Provarono, ma il mese di luglio passò e nessuna risposta venne.

Zia Agada trovava ora una scusa ora l’altra per visitarle, ed informarsi dell’affare.

— Nulla, nulla! — le diceva Elena con desolazione, e la cara parente se ne andava via rigida, fredda, sorridendo con tristezza.

Un giorno Elena parlò di questo curiosissimo affare a Cosimo.

— Fa veder la lettera — diss’egli.

Mentr’egli leggeva, Elena lo guardò fisso, come Agada aveva guardato suo marito; Cosimo però non rise.

— Può darsi! — esclamò anzi serio, e raccontò tre storie di tesori ritrovati, delle quali una rassomigliava molto a quella del capitano francese. Se non che si trattava d’un uomo d’altra nazione (pare che la povera Sardegna sia il punto di mira di tutti quelli che da ogni parte del mondo vogliono celar tesori), che aveva sotterrato un’ingente somma in varie cassette di ferro. Una sola di queste, pur troppo, una sola se n’era rinvenuta, con dentro ventimila lire in oro; ad ogni modo era qualche cosa!

Cosimo giurò sul suo onore che il fatto era vero, ed Elena disse ridendo:

— Meno male che questa volta si tratta d’una