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tornava su, involontariamente, ogni momento; e sempre il sorrisino beato di vanità, arrotondava il grazioso e bianco mento di Giovanna.

La lettera, in doppia busta, fu subito impostata, e Giovanna chiese:

— Quando arriverà la risposta?

— Chissà! Sai bene che la lettera non può arrivar subito al capitano. Fra una cosa e l’altra, io credo ci vogliano due settimane almeno — disse Elena. Ma le due settimane passarono e la risposta non venne.

I giorni si seguivano eguali ed uniformi; donna Francesca badava alla casa, alle cure domestiche, ai pasti; Cosimo riceveva qualche cliente, si recava in Pretura e al Tribunale, suonava, e ogni notte rientrava a casa all’una e alle due; Elena e Giovanna ricamavano, andavano al passeggio e chiacchieravano.

Oltre le Marchis conoscevano molte altre signore, e ricevevano spesso le loro visite.

Parlavano spesso del tesoro, facendo grandiosi progetti, fra lo scherzoso e il serio; ma non arrivando ormai la risposta, l’entusiasmo cominciò a raffreddarsi, e il sospetto di Salvatore Brindis a farsi luogo. Intanto, fin dalla prima settimana zia Agada, ritornando dalla messa, entrò dalle sue gentili parenti, e ad Elena, venutale incontro, chiese subito se eran giunte notizie di quella cosa.

— Fate presto voi! — disse Elena ridendo. — Ci vuol tempo!