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di Giovanna sposa d’un uomo che poteva esserle padre. Appena egli se ne andava ella cominciava a lamentarsi e parlar male. «Non avrebbe più tenuto il moccolo, non avrebbe più permesso di ricever da sole quel vecchio ipocrita, imprudente e importuno.»
Un giorno disse:
— Poteva attendere un momentino, ieri sera, e scoccava mezzanotte. Che signore educato! Senti, Giovanna. Non azzardarti più a farmi uscire, quando egli viene. Ricevitelo da sola.
— Perchè non le dici a lui queste cose? — domandò Giovanna risentita.
Esse andavano sempre d’accordo, si amavano, si confidavano tutta l’anima, ma spesso, causa il signor De-Cerere, si bisticciavano molto. Giovanna diceva:
— Egli non pensa a me sul serio; se ci pensasse, me lo piglierei!
Lo diceva per burla, ma Elena si adirava, sembrandole proprio di veder quella bimba innamorata di Paolo al punto di sacrificargli la sua fanciullezza, e per combatterlo meglio lo metteva in caricatura. E Giovanna aggiungeva con cattiveria:
— Parli così perchè non pensa a te. Se ci pensasse, ti parrebbe un sogno.
— Ma certo! Un sogno cattivo! — diceva Elena ridendo, e minacciava di far chiuder la porta sul muso a Paolo. Invece quando egli ritornava