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cellini che prima trillavano giocondi, emisero gridi spaventati, caddero e si dispersero.

— Oh, che bello! — disse Peppina, ma senza scomporsi. — Lo ripeta!

E Cosimo lo ripetè, più per se stesso che per lei, perchè quel pezzo grazioso gli piaceva assai, appassionato cacciatore quale era.

Mentre gli uccellini tornavano a cantare e volare, rincorrendosi per le frasche di un pesco fiorito — doveva certamente essere un pesco fiorito — Cosimo disse sorridendo:

— Sto componendo anch’io una sinfonia sulla caccia. Oh, ma se sentisse lì che fucilate! Ma altro che uccelli! Si sentono i cinghiali grugnire e i cervi correre...

Parlava suonando, e la sua fronte finalmente si spianava.

— Ce la faccia sentire — disse Peppina.

— Oh, non è ancora terminata! — egli rispose fermandosi, con le mani sui tasti; mani bianche e affusolate, mani proprio da pianoforte, da gentiluomo civile e raffinato. Un anello brillava sul mignolo della sinistra, un grosso anello ornato d’un solitario, che egli portava religiosamente, non perchè era l’anello dottorale, ma perchè memoria di Giuseppe Bancu suo padre, uomo forte, ambizioso ed energico, a cui il figlio voleva rassomigliare.

Cosimo aveva gli occhi turchini vivissimi; allorchè li fissava negli occhi altrui scrutavano