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L’avvocato si rimise a sedere sul suo sgabello, con gesti di persona seccata; e Peppina capì benissimo ch’egli mandava zia Agada e la bella nipote a farsi benedire. E pensò, abbottonandosi un guanto, che poi era già abbottonato:
— Che tipo! Non si scomoda neppure per i suoi pochi clienti!...
Lo guardò di sottecchi, poi, siccome Giovanna, con la testa indietro, ragionava ancora con la madre, si volse anch’ella verso le signore, ma lo fece così lentamente, così rigidamente che parve non muoversi.
Con un dito sopra un tasto, Cosimo faceva echeggiare nel salotto una sola nota acuta e stridula, ov’era diffusa tutta la sua noia dispettosa. A un tratto però un getto bizzarro e argentino di trilli, di gorgheggi, di pigolii allegri, freschi e diversi, coprì la voce di donna Francesca che raccontava come Elena avesse avuto quattro balie.
— Oh i cacciatori, Peppina, senti i cacciatori! — esclamò Giovanna volgendosi di nuovo verso il piano, con gli occhi brillanti.
— Che cacciatori? — domandò Peppina un po’ sorpresa, guardando verso la finestra.
I Cacciatori era invece la graziosa romanza senza parole che Cosimo suonava; e Peppina dovè al fine capirlo.
— Senti, senti gli spari! — disse Giovanna S’udivano infatti delle schioppettate, e gli uc-