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e morale traspariva dal suo volto, che egli s’inquietò maggiormente.

— Alessio mi ha detto che uno di questi giorni vuol parlarti. Perchè ti vuole?

Elena sorrise, ma vagamente, come fra sè, dicendo:

— Me lo immagino, perchè. Avete combinato il tuo affare? — domandò poi con tanto interesse ed inquietudine che Cosimo rispose:

— Sì, sì. Sta tranquilla.

Elena si rasserenò, ma più che negli altri giorni ella sentì una immane tristezza gravare sulla casa.

Anche donna Francesca e Giovanna erano pallide e sofferenti; camminavano in punta di piedi, e un gran silenzio dominava per le stanze nel luminoso crepuscolo d’agosto; nessuno parlava, e sul davanzale d’una finestra Lisbet con gli occhi freddamente verdi, socchiusi, guardava verso la montagna.

Cosimo venne ad appoggiarsi a questa finestra e guardò anch’egli la montagna, pensando che causa d’ogni tristezza domestica era lui; gli parve anzi d’essere egli stesso che emanava tutto il riflesso Tosco dei suoi errori e delle sue viltà.

Il volto pallido e sofferente d’Elena gli era innanzi come un rimprovero; ed a questa visione dolorosa s’univa stranamente il ricordo del fischio acuto della gazza, il suo richiamo vibrante