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con strana e dolorosa insistenza: ella, così buona e indulgente con tutti, non riusciva, pur provandovisi, a perdonarle alcun torto, anzi le addossava quelli di Paolo e la disprezzava e l’odiava con un’acre gelosia.
Mai, anche se Paolo avesse completamente dimenticato sua moglie, dividendosi anche moralmente da lei e separandosi dalla sua religione, anche consacrando tutto il resto della sua vita ad Elena, la figura odiosa sarebbe sparita fra loro.
Così passarono i primi giorni afosi di luglio.
— Signore, Signore, fatemi dimenticare! — pregava Elena — fatemi perdonare, rendete di pietra il mio cuore!
E desiderava che Paolo si stancasse di scriverle, o le scrivesse in modo da urtarla, offenderla, addolorata, così che il suo amore morisse completamente.
Gli scrisse finalmente una lettera freddissima e le parve che tutto, definitivamente, fosse finito. Ma nei giorni seguenti fu ripresa dall’angoscia e si pentì d’aver scritto, sentendo che oramai, con quella prima lettera aveva messo il piede nell’abisso.
Infatti, quando cinque giorni dopo Paolo le mandò una lettera straziante che finiva così: «Io sto male, male, male, ma se tu mi abbandoni, se tu mi disprezzi, Elena, io sento che sarò capace di fare qualche sproposito prima che la morte liberatrice venga a salvarmi,» ella pianse,