Pagina:Il tesoro.djvu/293


— 283 —


con strana e dolorosa insistenza: ella, così buona e indulgente con tutti, non riusciva, pur provandovisi, a perdonarle alcun torto, anzi le addossava quelli di Paolo e la disprezzava e l’odiava con un’acre gelosia.

Mai, anche se Paolo avesse completamente dimenticato sua moglie, dividendosi anche moralmente da lei e separandosi dalla sua religione, anche consacrando tutto il resto della sua vita ad Elena, la figura odiosa sarebbe sparita fra loro.

Così passarono i primi giorni afosi di luglio.

— Signore, Signore, fatemi dimenticare! — pregava Elena — fatemi perdonare, rendete di pietra il mio cuore!

E desiderava che Paolo si stancasse di scriverle, o le scrivesse in modo da urtarla, offenderla, addolorata, così che il suo amore morisse completamente.

Gli scrisse finalmente una lettera freddissima e le parve che tutto, definitivamente, fosse finito. Ma nei giorni seguenti fu ripresa dall’angoscia e si pentì d’aver scritto, sentendo che oramai, con quella prima lettera aveva messo il piede nell’abisso.

Infatti, quando cinque giorni dopo Paolo le mandò una lettera straziante che finiva così: «Io sto male, male, male, ma se tu mi abbandoni, se tu mi disprezzi, Elena, io sento che sarò capace di fare qualche sproposito prima che la morte liberatrice venga a salvarmi,» ella pianse,