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tristezza e di profonda solitudine. E voleva creare una felicità senza nome al suo grande, al suo buono, al suo nobile Paolo, verso cui, oltre l’amore, consacrava tanta venerazione che non osava più pronunziarne il nome.

Neppur con Giovanna aveva più parlato di lui; e Giovanna, accorgendosi delle lettere che ella spesso scriveva e riceveva, credeva fossero dell’antico innamorato, ch’era stato nominato giudice in un piccolo tribunale sardo.

Anche Cosimo e Peppina credevano che Elena avesse riannodato la vecchia relazione; tutta la città parlava di questo prossimo matrimonio; Giovanna si lamentava per la poca confidenza di sua sorella, e ogni giorno insisteva per saper qualche cosa.

Ella taceva e sorrideva senza negare, usando questo metodo anche con la cognata, che spesso le parlava suggestivamente di Giovanni Carta-Selix e del loro antico amore.

Peppina conduceva spesso a passeggio le cognatine, Giovanna cresceva ogni giorno, facendosi grande e bella, slanciata ed elegante, mentre Elena restava sottile, pallida e delicata. Però anche il suo viso sembrava più espressivo e grazioso dell’anno scorso; gli occhi più limpidi e profondi; e un vago sorriso di beatitudine, rivolto come ad una lontana visione luminosa, la irradiava.

Ora non si sentiva più scomparire tra la for-