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prendesse solo per intuizione spirituale il suo amore, e non le chiedesse oltre, e continuasse a parlarle un linguaggio che nulla avesse di terreno.

Ed egli, infatti, doveva comprendere, capire la raffinata delicatezza di lei, e provare una pura felicità sovrumana, perchè le sue lettere diventavano sempre più luminose e spirituali: non toccavano più la terra; volavano, piume meravigliose, senza smuover l’aria, arrivavano al cielo, lo sfioravano, gli rapivano la luce più pura ed azzurra, e scendevano nella casa, nel giardino di Elena, diffondendovi l’incanto supremo che la avvolgeva.

Un giovane non avrebbe saputo, nè potuto scriver così. Nella nuova misteriosa giovinezza che egli diceva di sentire, scorgeva forse un gran distacco fra le crudezze della realtà ed il sogno. Era un sogno estremo, purificato dal tempo, dall’esperienza e dal dolore.

Così, di settimana in settimana, le sue lettere si facevano più delicate e profonde: erano ardenti, ma pure come il fuoco, e non domandavano altro che di proseguire l’incanto. Dopo averle lette, Elena reclinava sempre il volto sul foglio, e lagrime d’ineffabile gioia, di amore senza nome, le sgorgavano dai grandi occhi pensosi. Era così avvolta dall’incanto, che non pensava mai distintamente all’avvenire; sentiva tutta la vera felicità nel presente, e cercava di assorbirla interamente come un profumo.