Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 252 — |
e di latte coagulato secco, i piatti erano pieni di vino, e la saliera rigurgitava d’acqua. C’era soltanto un uovo rotto e un avanzo di minestra da poter dare al bambino.
La collera muta e profonda che vinceva Alessio nei suoi momenti più cupi, lo assalì. Pensò come Costanza avrebbe crudelmente riso davanti allo spettacolo di quell’armadio, e chiamata la serva, stese la mano, e chiese:
— Cos’è tutto questo sudiciume?
— Cos’è? cos’è? — strillò la donna, senza volersi voltare. — È nulla, non c’è nulla!
— Non c’è nulla? Te lo do io il nulla; ma voltati e guarda bene lì dentro!
L’altra non guardò punto, e continuò a borbottare:
— Io non mi faccio a pezzi: tutto in ordine non può stare!
— Ma voltati e guarda, perdio!
— Non c’è bisogno che alziate la voce....
E intanto non gli dava il gusto di guardare. Domenico piangeva sconsolatamente, ed egli, irritato in sommo grado da quei lamenti e dalla caparbietà della serva, gridò facendosi rosso:
— Ah, non ti volti, figlia del diavolo? Ti faccio guardar io....
E l’afferrò violentemente per la testa, per farla rivolgere verso l’armadio.
— Aiuto, aiuto, chè il padrone mi strangola!... — si mise a gridare la serva.