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parlargli con riverenza, con timore quasi di profanarne il nome, di Elena Bancu e del fascino che ne sentiva; ma quel giorno Alessio era più che mai triste e agitato. Quasi non bastassero le disgrazie domestiche — la serva che lo avvelenava con orrende pietanze, che gli rubava già le provviste e gli maltrattava il bimbo — verso le undici di quella mattina gli portarono una dolorosa notizia. Tre dei suoi migliori cavalli eran stati trovati scannati nella tanca, con i garretti troncati e le lingue strappate. Oltre un grave insulto, ciò significava minaccia di ulteriori danni: egli capì che si trattava del bandito Scoppetta, persecutore suo e di zio Salvatore; e subito si mise in moto, e partì a cavallo coi barracelli. Col sangue delle bestie scannate trovò segnata una croce sul cancello della tanca; minaccia tremenda di morte. Non provò paura, ma il sangue gli ribollì nelle vene: ritto, immobile, presso il rustico cancello, in mezzo alla vastità luminosa dei verdi pascoli allagati di sole, fra lo splendore della natura e del cielo, provò in quell’istante un fiero sentimento d’odio contro tutta l’umanità, un disgusto pesante della vita e di sè stesso.
Da un anno in qua troppi torti soffriva da ogni parte, da Dio, dai parenti, dai nemici e da sè medesimo!
Galoppando attraverso le verdi tancas, dove l’erba cominciava a indorarsi tra gli alti asfodeli