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derava che Salvatore facesse un solo passo per richiamarlo: diceva che non si sarebbe piegato mai, ma sentiva che se lo zio gli avesse chiesto scusa e lo avesse richiamato, avrebbe accettato come una felicità.

Ma i Brindis non fecero un passo verso di lui, nè egli si mosse: anche Agada, visto il suo fiero contegno, si teneva in un riserbo glaciale; cercava con Costanza di saper ogni particolare sulla nuova vita di lui, per mezzo delle donne che le riportavano tutti i pettegolezzi della città, ma non mostrava più alcun desiderio di riconciliazione. Egli, a sua volta, veniva a saper tutte queste cose, e ne soffriva, e il suo astio si ravvivava.

Scusava un poco le donne, ma si chiedeva con meraviglia perchè mai Salvatore operasse così. Che lo zio non fosse un vaso di sapienza egli lo sapeva di certo, ma si stupiva che le sue stranezze e i suoi puntigli arrivassero a tal punto: e la sua tristezza dispettosa aumentava.

Vedeva ogni sera Cicchedda, ma ciò lo rattristava e lo irritava di più, perchè la ragazza, d’un umore tetro e tragico, piangeva sempre, e parlava di morte con disperazione sincera. Ella stava sempre da comare Franzisca, che diceva di cercarle una padrona, senza mai riescir a trovarla. Donna Francesca s’era già procurata un’altra domestica, ma per qualche giorno. Cicchedda andò a lavorare in casa Bancu. Elena