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Ed egli se ne andò.

Le donne piangevano, imprecando Cicchedda, dando ogni torto a Salvatore e chiamandolo scandaloso e matto. E Costanza si prese due sonori ceffoni che la stordirono. Egli pareva impazzisse davvero; non aveva mai adoprato argomenti così decisivi contro le sue donne; e siccome le loro invettive continuavano ad irritarlo, per sfuggire alla tentazione di proseguire, sellò il cavallo, e sbuffando uscì.

Le donne credevano che tutto finisse bene, che egli si calmasse, che Alessio ritornasse. Ma Alessio non ritornò, nè Salvatore si calmò.

All’una pomeridiana comare Franzisca tornò per reclamare di nuovo le vesti di Cicchedda, e vide uscire una parente attempata dei Brindis, col piccolo Domenico per mano. Riuscì a sapere che l’aveva mandata Alessio, con l’ingiunzione precisa di prender il bimbo: verso sera avrebbe fatto ritirare la sua cavalla e i suoi indumenti. Egli poi non avrebbe più rimesso piede in casa Brindis!

Grandi ragionamenti, spiegazioni e narrazioni e lamenti eran corsi fra Agada e la parente. Agada s’era persino messa a pianger sconsolatamente, dicendo che non cedeva il bimbo, ma l’altra, donna molto savia e composta, l’aveva convinta.

— Datemi il bimbo, altrimenti potrà accadere